Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria
L'Immacolata Concezione è un dogma cattolico, proclamato da papa Pio IX l'8 dicembre 1854[1] con la bolla Ineffabilis Deus, che sancisce come la Vergine Maria sia stata preservata immune dal peccato originale fin dal primo istante del suo concepimento. Da non confondere con il concepimento verginale di Gesù da parte di Maria.
La Chiesa cattolica celebra la solennità dell'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria l'8 dicembre. Nella devozione cattolica l'Immacolata è collegata con le apparizioni di Lourdes (1858) e iconograficamente con le precedenti apparizioni di Rue du Bac a Parigi (1830).
Immacolata, leggenda e ideologia
Nel sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te». A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all'angelo: «Come è possibile? Non conosco uomo». Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». E l'angelo partì da lei (Luca 1, 26-38).
Il dogma dell'immacolata concezione di Maria, proclamato da papa Pio IX nel 1854, insegna che "La beatissima vergine Maria, nel primo istante della sua concezione, per una grazia ed un privilegio singolare di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo salvatore del genere umano, è stata preservata intatta da ogni macchia del peccato originale" (Bolla Ineffabilis Deus).
Siamo di fronte ad un caso limite dello sviluppo dei dogmi, riconoscono in larghissima misura anche i teologi cattolici. Dal silenzio totale della Scrittura e della più antica tradizione si è arrivati, solo nel 1854, alla definizione dogmatica passando attraverso controversie, polemiche, devozioni, fantasie.
Siamo di fronte ad una dottrina ecclesiastica che, ovviamente, non appartiene al nucleo della fede cristiana, non avendo alcun solido fondamento nella Scrittura. Si può essere cristiani (né protestanti né ortodossi riconoscono questa dottrina creatosi nei secoli) e cattolici senza includere questa credenza. Questo oggi è ampiamente riconosciuto anche dentro la chiesa cattolica.
Il testo biblico di Luca 1, 26 - 38 è usato (ed abusato) in senso puramente strumentale perché, per unanime affermazione degli esegeti, in esso non si trova il benchè minimo fondamento di questa dottrina cattolica ufficiale. Lo stesso participio passivo Kecharitomene (v. 28), impropriamente tradotto con "piena di grazia", non offre se non un appiglio a chi già voglia vedere ciò che ha deciso di trovare. Il cardinale Bellarmino il 31 agosto 1617 scriveva a Paolo V: "Nelle Scritture non abbiamo niente su questo punto". Traducendo fedelmente il versetto 28: "Sei stata fatta oggetto di grazia - benedizione da Dio", non si può pensare alla concezione immacolata se non per una operazione ideologica che cerca di piegare il testo ad una esigenza maturata altrove.
Infatti questo dogma, come quello della perpetua verginità di Maria, è una congettura fantastica e uno sviluppo dottrinale che, privo di fondamento biblico, ha permesso di usare Maria in chiave antifemminista e sessuofobica. Poi nel 1950 si arriverà addirittura a proclamare l'Assunzione di Maria al cielo corpo e anima .....
Io che sono veramente innamorato di questa donna alla quale Dio (versetto 28) ha dato la grazia di essere la madre di Gesù, apprezzo moltissimo le migliaia di opere che, finalmente, restituiscono Maria alla verità storica della sua vita e della sua fede. Nel mio libro"L'ultima ruota del carro" ho dedicato alla figura di Maria un intero capitolo, proprio nell'intento di meglio apprezzare la testimonianza di fede di questa donna ebrea che ha ricevuto da Dio la missione di diventare la mamma di Gesù.
"Sì, io amo davvero molto questa donna la cui fede trovo "scolpita" nel Magnificat (Luca 1,46-55). Moglie di Giuseppe e mamma di Gesù, Maria è una donna reale, immersa nella vita del suo popolo. La sua testimonianza di fede mi interessa sempre di più, tocca profondamente il mio cuore. Ma, purtroppo, per trovare la donna Maria di Nazareth occorre scavare perché è stata seppellita sotto una montagna di dogmi (pag. 69)" e di leggende.
Questa "ricostruzione" rende molto più viva e stimolante per la mia fede la figura di Maria. Anche le leggende evangeliche della nascita di Gesù (Luca 1-2 e Matteo 1-2) sono leggibili come penetranti e luminosi commenti teologici per farci capire, con l'artifìcio del meraviglioso leggendario, la grande missione che Dio affidò a Gesù e come Maria fu la donna che Dio scelse per quest'opera. Nulla, proprio nulla impedisce di credere che Maria e Giuseppe siano i veri genitori di Gesù. Mi piace tanto citare una bella pagina della teologa cattolica Uta Ranke Heinemann: "Originariamente, però, il cristianesimo non conosceva l'idea della verginità di Maria. La vergine Maria ha fatto ingresso nell'edifìcio della fede cristiana passando, per così dire, per vie traverse, vale a dire attraverso i pagani e i cristiani di origine pagana. Nell'ambito dell'ebraismo non si trova nessuna delle immagini descritte sopra: idee del genere rimasero estranee all'ebraismo e ai primi cristiani di origine ebrea. I cristiani di origine ebrea non credevano a un concepimento verginale (vedi il capitolo "Le fiabe degli atti degli apostoli").
In tutti i miti di redenzione le vergini hanno sempre giocato un ruolo particolare: come espressione e simbolo di un nuovo e puro inizio di un mondo nuovo e migliore. L'origine dell'idea che vergini partoriscono redentori divini si perde nella notte dei tempi. "Il fanciullo redentore appare ovunque come figlio di una vergine" (Gerhard Kittel, Theologisches Woerterbuch zum Neuen Testament, vol. V, 1954, pag 828, n. 21; trad. it: Grande lessico del Nuovo Testamento, Paideia, Brescia, vol. IX,1974, col. 760, n. 21).
Papa Joseph Ratzinger, quando 40 anni fa era un giovane teologo, scriveva a questo proposito: "II mito della nascita miracolosa del bambino redentore è in effetti diffuso in tutto il mondo" (citato da: Uta Ranke-Heinemann, Così non sia. Introduzione al dubbio di fede, Rizzoli, Milano 1993). Tutta questa elaborazione è reperibile in mille opere teologiche e costituisce un'acquisizione pacificamente e seriamente documentata in molte opere di teologia cattolica e protestante.
Insigni teologi ed esegeti parlano e scrivono in questa direzione. Eugen Drewermann dice espressamente: "Nelle tradizioni dei popoli si racconta continuamente di nascite verginali e di figli di Dio che vengono dal Cielo". Particolare importanza hanno avuto negli ultimi 30 anni le riflessioni delle teologie femministe e delle donne credenti.
Questa figura incontaminata, asessuata, tutta costruita a colpi di privilegi, è diventata loro progressivamente sempre più estranea in una chiesa che, sollevando una di loro, può permettersi di coltivare una strutturale emarginazione e un costante "deprezzamento" delle donne, come è evidente. Nella mia comunità (e in molte altre realtà ecclesiali) le donne, quando hanno "disfatto" la statua di gesso di questa Maria immacolata, sempre vergine, assunta in cielo... si sono innamorate di lei. Ho sentito il cuore e le parole di molte donne prese da una profonda gioia, da una coinvolgente passione. Maria è grande proprio nella sua vita quotidiana. I dorati manti dogmatici del privilegio avevano eclissato la donna ebrea piena di fede, di forza, di amore.
Su questo punto le parole, i commenti e gli scritti delle donne hanno fornito un contributo essenziale. Quanto ho imparato da queste puntuali, concrete, profonde riflessioni di molte donne ricche di fede e di quella "saggezza" che esse spesso ci sanno comunicare con semplicità, senza il devastante lusso di evadere dalla realtà. Ma tutta la mia comunità ama molto Maria di Nazareth da quando ha cominciato a considerla come una donna vera, non una statua.
Una lettura "letteralistica" delle belle leggende natalizie è purtroppo un'operazione ancora diffusa. Tutte le grandi tradizioni religiose adornano di poesia, di novelle, di leggende teologiche le origini, la nascita del fondatore della tradizione. E' possibile liberarsi da una precomprensione dogmatica e leggere queste pagine evangeliche come composizioni poetiche ad alto valore teologico.
Il centro di queste pagine non è Maria ma quello che Dio, anche attraverso Maria, ha operato in lei e in Gesù. Penso alle stimolanti riflessioni del biblista cattolico Ortensio da Spinetoli (Bibbia e Catechismo, Edizioni Paideia) e alle pagine in cui padre Mazzinelli presenta l'opera del teologo Tissa Balasuriya nel Quaderno di Viottoli "Tonificanti profumi di eresia" (pagg. 3-25). E' un vero peccato che queste profonde e diffuse elaborazioni non vengano fatte conoscere mentre si continua a dar fiato e voce alle mille "apparizioni" e si propongono devozioni spesso ambigue, cariche di uno spiritualismo fanatico, evasivo, apocalittico. Senza contare che spesso si mescolano santuari e apparizioni con veri e propri "mercati del tempio".
Non si tratta di disprezzare la religiosità popolare o di sentirsi "superiori" alle persone che partecipano a queste esperienze. Nulla, assolutamente nulla di questo. Si tratta piuttosto di capire che troppo spesso le gerarchle ecclesiastiche incoraggiano forme religiose che inclinano alla superstizione e al mercato anziché orientare i credenti verso espressioni più mature della propria fede. La religiosità popolare diventa allora l'alibi per dispensarci da quell'opera di educazione alla fede che compete ai ministri di ogni comunità credente.
Riprendendo un pensiero della teologa Uta Ranke-Heinemann direi che: "Bisogna ritrovare una persona scomparsa, una dispersa. La donna Maria di Nazareth è stata sepolta, si è persa sotto il grande edifìcio teologico costruito su di lei".
Chi crede che una profonda revisione della mariologia in questa direzione comporti una diminuzione, uno svuotamento della figura e della fede di Maria potrebbe domandarsi se questa "corona di privilegi" non sia già in se stessa una costruzione senza solidi fondamenti nelle Scritture e senza legami con la vita reale delle donne. A me le persone senza "vita quotidiana", le persone aureolate, tutte pure e tutte sante, non dicono assolutamente nulla e lasciano il sospetto di un "montaggio", di un artifìcio, di un inganno. Riscopriamo semmai il messaggio che questi racconti mitologici veicolano, ma non traduciamo queste leggende in dogmi, come se appartenessero al nucleo centrale del Vangelo e della fede cristiana.
Si può benissimo, come hanno fatto l'evangelista Marco, Paolo e Giovanni ignorare del tutto la nascita verginale senza danno alcuno per la fede. Essa può avere la valenza di un simbolo e di una leggenda teologica che "esalta" l'azione "originante" di Dio in Gesù, ma non ci troviamo di fronte al resoconto di un fatto biologico.
Rimando per questi approfondimenti al bel volume di Hans Kung "Credo" (Rizzoli). Ma è estremamente utile leggere le dense pagine nelle quali padre Mazzinelli, introducendoci al pensiero di Tissa Balasurya, passa in rassegna i singoli dogmi mariani. Il teologo asiatico documenta l'infondatezza biblica, la "costruzione storica" e l'ideologia sessuofobica e maschilista che stanno alla base di queste formulazioni ecclesiastiche che progressivamente si sono imposte come "dogmi". Per approfondire queste ricerche può essere utile leggere "Il Vangelo del Natale" di Ortensio Da Spinetoli (Edizioni Borla).
Riscoprire il messaggio che queste poetiche leggende veicolano non toglie nulla alla fede. Anzi la rende più aderente alla realtà della vita quotidiana. Nessun timore. Bisogna ripartire dalla Parola di Dio. Semmai la Scrittura sconvolge un po' la "dogmatica", ma alimenta la fede. Non è il quadro dogmatico che costruisce e costituisce la fede. Quello può mutare… senza alcun danno per la fede. L'assidua lettura della Bibbia è la più seria minaccia per l'istituzione religiosa, ma non per la fede.
Maria, questa donna del popolo, questa donna di carne ed ossa come noi, che ha generato Gesù come ogni madre genera i propri figli, che ha vissuto nella nostra stessa fragilità e peccaminosità, che faceva l'amore con il suo sposo, non è grande per qualche "privilegio", per essere stata "esentata" da ciò che rende umana la nostra vita.
Il teologo cattolico Tissa Balasurya scrive: "Questa Maria "immacolata" ha bisogno di essere liberata, per essere veramente umana. Ciò è necessario per comprendere la sua vita, le sue lotte e le sue angosce. Altrimenti avremmo una sorta di Maria disidratata, una che non può sentire altra attrattiva se non il bene".
Maria di Nazareth come noi ha lottato tra egoismo e amore, ha fatto i conti con le varie prove e "tentazioni", ha vissuto le difficoltà di coppia con Giuseppe, ha gustato il piacere della sessualità, ha esperimentato la "terribile fortuna" di avere un figlio pazzo di amore, un figlio che Dio aveva scelto per una missione tutta controcorrente. Questa non è una candida statuina di gesso fuori dalla realtà, ma una donna vera, una credente straordinaria la cui testimonianza di fede, riletta in modo concreto, è davvero preziosa.
Maria, come è grande la tua umanità, come è bella la tua femminilità, come è viva la tua fede!
Per continuare la ricerca
Spero che i parroci in fondo alla chiesa non mettano solo "Famiglia cristiana" e il bollettino parrocchiale. Penso e spero che molti abbiano segnalato e messo a disposizione della comunità il libro della teologa cattolica Elisabeth Johnson, Vera nostra sorella. Una teologia di Maria nella comunione dei santi (Editrice Queriniana, Brescia 2005, pagg. 640, euro 44,00) dedicato alla riscoperta di Maria. "Cercherò di comprendere il significato di Maria in quanto persona particolare, con una sua vita da gestire. Di Maria si è fatto talmente un simbolo, separandola dalla sua propria storia, che accostarsi a lei come a un concreto essere umano ci sorprende, facendoci scoprire che anche lei ha lottato, che il suo stesso pellegrinaggio di vita… fu un pellegrinaggio di fede, che comprendeva il soggiorno nell'oscura notte della fede" (pag. 12). Quanto più si è esaltata una donna vergine, sottomessa, asessuata… tanto più si sono di fatto disprezzate le altre donne, "tutte inferiori al modello ideale". E così si è stabilito anche una gerarchia di santità…
Posso segnalarvi un piccolo scritto che per anni rimase nel cassetto perché non trovai allora un editore che me lo pubblicasse? Lo scritto fu da me composto la sera del 7 dicembre 1974. Ero allora un giovane prete e l'argomento da anni mi interessava. Lo riscriverei oggi con maggior chiarezza. Trovò successiva pubblicazione in comunità cristiana di base nel libro "La bestia che seduce".
don Franco Barbero
Il dogma dell’Immacolata Concezione:
Storia
Storia
(v. anche video della relazione tenuta nella Conferenza del 18 e 19 novembre 2004)
Eleviamoci alla contemplazione del capolavoro di Dio Trinità: Maria immacolata, Madre di Gesù, da sempre amata dal Padre, plasmata e resa nuova creatura dallo Spirito Santo! Questa è la fede dell’oriente e dell’occidente cristiano, che si è fatta strada faticosamente lungo i secoli cristiani.
Siamo abituati al pensiero dell’Immacolata Concezione come verità di fede. Dobbiamo abituarci ad approfondirla in altre direzioni. Una poetessa la vede come il «bacio santo di Dio alla carne della Vergine Maria». Nel XXI congresso mariologico internazionale, svoltosi a Roma dal 4 al 7 dicembre 2004, un teologo del Marianum (p. Perrella) presentava la Concezione immacolata di Maria come «codice della santità originaria» che neutralizza il codice della fallibilità umana rappresentato dal peccato originale, o come «memoria del mondo che Dio voleva realizzare, non semplice verità razionale ma «evento salvifico» che esalta la trascendenza di Dio e la gratuità della sua grazia. Nel 1760 il sacerdote ascolano Francesco Antonio Marcucci, poi vescovo di Montalto, parlava dell’Immacolata come del «sacrosanto e illibato mistero».[1] Il teologo Sesboüé la vede non come eccezione o privilegio, ma come esigenza cristologica, cioè come «l’incidenza nella salvezza personale di Maria della sua vocazione di madre del Cristo» o «il riversarsi della santità unica del Figlio sulla santità ricevuta da sua madre».[2]
È una visione stupenda che ci fa dimenticare per qualche momento la nostra società con le sue brutture e la sua malvagità, con la sua corruzione e con i suoi circoli diabolici. Nella tensione tra il bene e il male, oggi particolarmente acutizzata, e dalla «considerazione del mondo come un grande poligono di lotta di tutti contro tutti» (Giovanni Paolo II) l’Immacolata ci insegna a non essere conniventi con nessuna forma di peccato e a deciderci per il bene.
A lei apparsa a Lourdes nella grotta di Massabielle come Immacolata Concezione, salga la poesia musicata egregiamente da Lorenzo Perosi:
Neve non tocca la tua veste appare,
cingi una zona del color del mare.
E a quei che a tanta altezza t’ha levata,
volgi gli occhi soavi, o Immacolata.
Più ti contemplo e dal caduco limo
più libero mi sento e mi sublimo.
Sono trascorsi 150 anni da quando Pio IX, papa dal 1846 al 1878 (32 di pontificato, il più lungo della storia) definì solennemente il dogma dell’Immacolata Concezione (8 dicembre 1854) chiudendo una lunga e talvolta accesa controversia teologica:
Dichiariamo, pronunciamo e definiamo che la dottrina, la quale ritiene che la beatissima vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per singolare grazia e privilegio di Dio onnipotente ed in vista dei meriti di Gesù Cristo, salvatore del genere umano, sia stata preservata immune da ogni macchia della colpa originale, è rivelata da Dio e perciò da credersi fermamente e costantemente da tutti i fedeli» (Bolla Ineffabilis Deus).[3]
Lasciamo che lo stesso beato Pio IX ci racconti, come ha fatto nel 1857 alle Suore del Buon Pastore di Imola, quanto sperimentò al momento della definizione, cioè uno stato chiaramente mistico di intima comunicazione con il mistero primordiale della Madre del Signore:
Quando incominciai a pubblicare il decreto dogmatico, sentivo la mia voce impotente a farsi udire alla immensa moltitudine che si pigiava nella Basilica Vaticana; ma quando giunsi alla formula della definizione, Iddio dette al suo Vicario tal forza e tanta soprannaturale vigoria che ne risuonò tutta la Basilica. Ed io fui tanto impressionato da tal soccorso divino che fui costretto a sospendere un istante la parola per dare libero sfogo alle mie lagrime. Inoltre, mentre Dio proclamava il dogma per bocca del suo Vicario, Dio stesso dette al mio spirito un conoscimento sì chiaro e sì largo della incomparabile purezza della santissima Vergine, che inabissato nella profondità di questa conoscenza, cui nessun linguaggio potrebbe descrivere, l’anima mia restò inondata di delizie inenarrabili, di delizie che non sono terrene, né potrebbero provarsi che in cielo…
Fonte:http://lotto-mery5-e-claufont.forumfree.it/?t=64154106
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